Il tappeto può essere considerato un’espressione artistica il cui oggetto è la ricerca della Bellezza vista come uno degli aspetti della Realtà: l’artista esprime l’essenza spirituale, immutabile delle cose, non l’immagine esteriore, così che ciò che viene riprodotto diventa archetipo al di là della forma. Tanto che l’arte del tappeto è caratterizzata da aniconismo, non per un rifiuto delle arti figurative, ma per un’idea di utilizzo dei decori fortemente simbolici come strumento di comunicazione con il divino, come forme astratte che si intrecciano ritmicamente con andamento all’infinito, perché infinito è il regno di Dio.
E’ da queste riflessioni che il tappeto prende linfa, fino a diventare una delle più elevate forme d’arte nei paesi in cui si affermò la civiltà islamica. Ma l’arte del tappeto nasce molto prima di questa civiltà, come testimonia il ritrovamento del tappeto di Pazyryk in Siberia, databile intorno al V sec. A.C. Nasce dall’esigenza primaria di un riparo dal freddo e dal caldo delle popolazioni nomadiche, e la lana più di tutto isola da tali condizioni climatiche che nelle terre desertiche sono estreme. E la lana è inoltre l’unico bene di cui una tribù nomade dispone, essendo la pastorizia il primario mezzo di sussistenza. Tessuti e annodati saranno anche gli oggetti di uso quotidiano, come selle, borse, grandi sacche per il trasporto di merci. Saranno ornati con decori semplici, lineari, quasi naif, come figure stilizzate prese dall’ambiente circostante. Per i nomadi il tappeto diventa un punto di riferimento nell’immensità del deserto.
Sarà il passaggio alla vita sedentaria a segnare anche il passaggio dal tappeto nomadico al tappeto di villaggio prima, di città poi, diventando storia, rappresentando uno status, conquistando il ruolo di oggetto d’arte. I sovrani vorranno ornare le loro corti con gli esemplari più pregiati, promuovendo essi stessi una ricca e sofisticata produzione, saranno i tappeti i regali più preziosi che verranno fatti ai dignitari di corte stranieri, così da far conoscere al mondo i livelli artistici raggiunti e farne una delle voci più redditizie dell’export ancora oggi.
Fu la dinastia Safavide, che regnò nel XVI e nel XVII secolo in Persia, a promuovere lo sviluppo di tutte le forme d’arte, dalla architettura alle miniature, età che viene definita “Rinascimento persiano”: risalgono a quel periodo, infatti, i monumenti e le moschee che hanno reso famosa, dal punto di vista architettonico, la Persia e furono istituite manifatture imperiali, le “Karkhaneh” o “kargo e farsh”, dirette dai maestri che hanno fatto la storia del tappeto.
Il tappeto diventa simbolo di potere e di ricchezza, espressione della cultura e dell’ingegno artistico della nuova dinastia, commissionato da tutta la nobiltà europea. Oggi gli esemplari più rappresentativi di questo periodo e dei successivi li troviamo esposti nei più importanti musei del mondo, come il Victoria and Albert Museum di Londra, il Museo Farshe Iran di Teheran, il Metropolitan Museum di New York, il Musee des Arts Decoratifs di Parigi, ecc., e ad arricchire i palazzi più prestigiosi e le collezioni più importanti.